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NON SONO NATO MORTO MA PER VIVERE LUOGHI NON COMUNI.


Quando le mezze stagioni decisero di scomparire la cosa, costituì un fatto così epocale che un luogo comune fu creato appositamente. Chi però può dire di averle mai viste queste mezze stagioni?
Leggende, ignoranze, usi e costumi, abitudini, stupidità queste sono alcune delle genitrici di frasi fatte che argomentano luoghi comuni: ambienti costruiti per genti povere d’interessi ed argomenti.
Spesso usati come scudi in discussioni dove ci sentiamo ignoranti e timorosi o citate, in quanto banali e apparentemente ovvie, a conclusione di dibattiti troppo complessi e nei quali si cerca un punto di accordo dove l’opinione condivisa è accettata da tutti.. E’ dimostrato che per ogni circostanza esiste un luogo comune ad hoc da abitare. N’esistono per cose futili, per cose di costume, per argomenti importanti più o meno popolari, per temi sociali; dall’argomento più banale a quello più anale (nel senso satirico del termine). Ognuno può scegliersi il luogo comune dove vivere, individuando quello più adatto. Quello razzista, quello sessista, quello evolutivo, scientifico, stagionale…e chi più ne ha più ne scelga. Un’analisi genetica dei luoghi comuni risulterebbe pittoresca e complessa richiedendo molto tempo, competenze antropologiche, sociologiche, linguistiche… tali da riempire le pagine di un intero trattato enciclopedico. Ogni nazione ha poi i suoi luoghi comuni, legati anche a elementi storici e culturali. Non è mia intenzione affrontare questa ricerca, bensì sollevare una critica all’impiego del luogo comune.
Una cosa a mio avviso è certa: l’utilizzo sovente di luoghi comuni, spesso a sproposito, abitua la mente a cercare soluzioni comode a volte banali a problemi più complessi, e questo risulta molto pericoloso. Ad esempio la crisi globale storica che stiamo vivendo e diventata sempre più una comoda scappatoia tanto che lamentarsi per l’evidente situazione è diventato il luogo comune più in voga e questo stimola sensazioni di rassegnazione e annichilimento.La cosa più preoccupante è che ad alloggiare il proprio culo sul divano comune di questo luogo siano persone giovani.
Non di rado si sente dire che i giovani saranno il futuro del mondo e avranno le energie per far uscire il mondo da questa crisi. Si promuove ogni iniziativa realizzata da giovani come la madre di tutte: quella che dovrebbe cambiare il mondo. Dietro queste idee spesso si immagina si nascondano folle di giovani che stanchi della loro situazione e sognando un futuro migliore si organizzano per la rivoluzione(intesa in senso molto generale). In realtà, volendo usare un luogo comune, non è tutto oro quello che brilla. Le dinamiche di gruppo e penso di non venire smentito, sono simili sia tra gli adulti che tra i giovani e sono state ampiamente studiate. Possiamo in qualsiasi gruppo sociale individuare una gerarchia, l’uomo è pur sempre un’animale sociale: possiamo quindi individuare un leader e i vari sotto posti a seguire fino all’ultimo del klan. Cosa succede però se in una società, chi è preposto a svolgere la figura del leader decide di non prendersi questa responsabilità? Può una rivoluzione fare a meno delle proprie guide? Citando un altro luogo comune ovviamente direi di no! Vivendo la mia esperienza associativa mi sono accorto da un po’ di tempo che spesso nascosti dietro a un mare di luoghi comuni, giovani con talento e idee vivono nell’attesa di un non si sa che preciso momento in cui le cose cambieranno, miglioreranno, nel mentre l’attività principale alla quale si dedicano è la lamentela molesta. Frasi del tipo, qui non si può fare niente, non c’è spazio per i giovani, non cambia niente, non è un paese per giovani etcc. etcc… una lamentosità irritante che sarebbe più tollerabile se provenisse da persone di 65 anni che hanno un percorso di vita gia strutturato, definito e definitivo. L’immobilità che genera questo tipo di pensiero sfasscista è alla base di una lenta agonia che ci ha portato a scelte comode, consumistiche e preconfezionate. Si è lasciato che fosse un mercato a decidere per noi come la società dovesse svilupparsi. Abbiamo molto di più dei nostri predecessori ma abbiamo meno coraggio di affrontare la vita di quanto avessero loro.
I rischi indubbiamente sono molti ma è più comodo scegliere una vita da mulino bianco preconfezionata ed apparentemente perfetta che decidere di testa nostra il nostro futuro affrontando le nostre paure, indecisioni e fragilità. Fondamentalmente non credo al messia o all’eletto che un giorno arriverà a salvarci dalla nostra dannazione. Non credo che altri siano più capaci di mè per poter decidere per me, in merito alla mia vita. Non credo nei leader di qualsiasi tipo ma credo che noi stessi dovremmo essere leader di noi stessi e saper prendere con coraggio le nostre decisioni consci delle responsabilità che queste comportano. Vorrei vedere una società autodeterminata e autodisciplinata dove gli uomini agiscono secondo una propria autoconsapevolezza e coscienza e non seguono qualcuno solo perché in grado di decidere per loro e di farsi carico delle loro responsabilità. Ognuno vale uno e dovrebbe riconoscersi nell’altro, amandolo per il semplice fatto di amare se stesso in primo luogo. Decidere con la propria testa sulla base di esperienze di prove certe è il primo passo per uscire da luoghi comuni per cercare spazi aperti dove vivere lontani da costrizioni, falsi moralismi, giudizi…..stupidità ed ignoranza. Voglio vivere guardando il mondo con la fiducia nel cuore che io per primo posso fare la differenza. Non accetto lezioni sulla massa da chi decide di uniformarsi ad essa e si rassegna spegnendo o sintonizzando il cervello sul canale del pensiero unico. NON SONO NATO MORTO nessuno di noi lo è in nessuna parte del mondo, anche quella più sfortunata. Siamo stati portati qui da non si sa dove ed è da stupidi non cogliere l’occasione che ci è data trovando un modo per impegnarci a fondo affinchè la nostra vita abbia un senso, qualsiasi sia. Non è importante l’itinerario che seguiremo ma bensì gli obbiettivi che raggiungeremo e ci daremo. L’inizio e il termine sono uguali per tutti la differenza la fa l’impegno messo nella nostra ricerca durante il tragitto. Stare a guardare un mondo che procede con o senza di noi, in pantofole seduti comodamente in poltrone allestite da altri dentro a luoghi comuni e da stupidi. Non rischiare, nella perenne attesa del nuovo messia è da idioti. Ci sono indubbiamente eccezioni da considerare periodi della vita più o meno duri da affrontare che mettono alla prova e condizionano le nostre scelte. Non esiste una regola della buona vita che vale per tutti e ognuno reagisce a modo proprio. Spegnersi e adeguarsi ad un pensiero unico e prevalente, equivale comunque sempre all’accettazione di una soluzione comoda. A volte Brevi periodi di pilota automatico aiutano nel rilassarsi, riposarsi
e nel leccarsi le ferite ma accettare questo come regola di vita vuol dire non viverla a fondo e rischiare di trovarsi a fine viaggio con un bagaglio pieno di rimorsi invece che di bei ricordi.
Per questi motivi scelgo di vivere in luoghi non comuni, di camminare in sentieri non battuti di adentrarmi in spazi sconosciuti: perché se la vita è un avventura da vivere allora che avventura sia.

Di Spazio Alemanno Alessandro.

per info sull’immagine: styleblog.girlpower.it/tag/bara/

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