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Ricetta per una buona Epifania, che ormai se ne va via!

dal sito:https://unaparolaalgiorno.it/significato/epifania.

“dal greco epiphàneia, manifestazioni della divinità, dal verbo epiphànein, composto di epì dall’alto e phànein apparire.

Un termine importante, di caratura eccezionale.

Questa parola ha una lunga storia, in ambito religioso. Le epifania (dato che in greco è un plurale), nell’antica Grecia erano le feste dedicate a una particolare divinità durante le quali essa si manifestava – anche solo nel naos, il cuore segreto e inaccessibile del tempio. ”

E ancora:

“Svincolandosi da un significato strettamente religioso, l’epifania passa ad essere una generica rivelazione. Si tratta di un significato reso celebre da Joyce nella sua raccolta di racconti Dubliners: in questi, capita che un’esperienza, una situazione o l’osservazione di un particolare porti un personaggio a una profonda riconsiderazione di sé e della sua vita – una realizzazione improvvisa. Così si può parlare dell’epifania sulla propria salute schiusa da una malattia, dell’epifania che ci fa comprendere le ragioni di un comportamento, del libro che ci suscita un’epifania sull’importanza della bellezza: una sorta di illuminazione, qualcosa che, come ci ricorda l’etimo, ci appare dall’alto.

Nota finale: befana altro non è che una storpiatura di epifania.”

Senza dover aspettare qualcosa d’alto che ci illumini, sarebbe interessante, cercare di capire come la stratificazione della storia trasformi il senso delle cose e delle parole. Per noi oggi si parla di epifania e di Befana come di eventi legati alla religione cristiana e a quella del consumo. Come si evince invece dalla citazione in alto, questa festività porta con se un significato più profondo, intimo, segreto ed eccezionale. L’EPIFANIA è qualcosa di importante che si rivela al mondo. Festeggiarla vuol quindi dire avere una sorta di illuminazione. Si potrebbe quindi ora associare a questo post uno dei tanti video che si trovano in rete e che citano ” le 10 cose a cui non hai pensato e che ti cambieranno la vita…” oppure “15 invenzioni che cambieranno il mondo”. La vera illuminazione invece sta nel comprendere che se non cambiamo noi stessi , nulla nella realtà che ci circonda potrà mai cambiare. Con questo post non ho la pretesa di stravolgere le convinzioni di chi lo leggerà, la mia è solamente una osservazione sul fatto che quando come esseri umani ci attiviamo, per cose che ci interessano veramente, la nostra volonta e tenacia riesce a smuovere montagne, a vallicare oceani e a demolire un sacco di barriere. Purtroppo è dimostrato che questa volontà e determinazione spesso è mal direzionata su cose poco importanti e superflue. Nel territorio in cui vivo, in questa sere del 5 e del 6 gennaio, va in scena la tradizione popolare e pagana del PANEVIN. Un falò propizzatorio, di origine ipoteticamente celtica, attorno al quale le comunità si radunano e tra canti, brindisi e libagioni, consultano l’oracolo su come l’anno appena iniziato andrà.

Raccontato in questo modo il PANEVIN ha qualcosa di mistico, di antico e di poetico, in realtà questa tradizione antica si è stratificata, trasformata, come la suddetta Epifania, divenendo una tradizione ormai vuota dei suoi originari significati. Quello che ne resta è l’opportunità di una bevuta in compagnia, la possibilità di degustare cibi e dolci tipici e fatti, ormai, il più delle volte industrialmente.

Se domandassimo a molti di quelli che in queste sere brindano e si abbuffano attorno al falò, se per caso conoscono qualche canzone della tradizione, oppure come si interpellano le faville dell’oracolo, per conoscere come andrà l’anno, è molto probabile che rimarremmo molto delusi nello scoprire che non lo sanno.

Il panevin è una tradizione pagana che affonda le sue radici nella memoria di un territorio a vocazione rurale e contadina, un territorio che ha ormai quasi perso la sua identità storica smarrendola tra i capannoni e le vigne di prosecco…

Non fraintendetemi non voglio criticare il luogo dove vivo, la mia è solo una considerazione che ha origine dalla consapevolezza che tutto cambia e nulla resta uguale per sempre, nemmeno la tradizione più antica, sacra e consolidata. Ed è così che l’epifania diventa una festività vuota di significato e solamente consumistica. Certo che per chi crede e pratica la religione cristiana il mio discorso si spera non valga… ma non vi è dubbio che la befana, che vien di notte con le scarpe tutte rotte portando regali come babbo natale, non è proprio paragonabile alle figure dei tre re Magus.

Per chi volesse avere in questo post un’accenno di tradizione contadina, pagana ma genuina…. vi metto qui sotto qualcosa che potrebbe tornare utile per consultare l’oracolo nel falò:

“se le fuische le va a matina, ciol su el saco e va a farina” (cioè se la direzione presa dal fumo e dalle faville è il nord o l’est, prendi il sacco e vai ad elemosinare)

“se le fiusche  le va a sera,  polenta pien caliera” (se la direzione è ovest o sud, il raccolto sarà buono…quindi la pentola sarà piena di polenta)

se volete ci metto pure due canzoncine con annesse traduzioni :

“El pan e vin

a vecia su pal camin

a magna i pomi coti

a me asa i rosegoti.

Puenta e figadei

pà i nostri tosatèi

El pan e vin

a pinza sul larin

a masera so a panera

el paron sol caregon

el putin in tel so letin.

El pan e vin

a piza sul larin

a puenta sol fondal

e viva el carneval.

E viva, e viva el pan e vin.”

Traduzione: Il “pan e vin” ( il falò)

la vecchia ( la befana) sul camino

mangia le mele cotte

e a me, lascia i torsoli.

Polenta e fegatini

per i nostri bambini.

Il pan e vin

la pinza sul focolare

a macerare sul paniere

il padrone su una grande sedia

il bambino sul lettino.

Il pan e vin

la pinza sul focolare

la polenta sul fondo

evviva il carnevale.

Evviva evviva il pan e vin.

oppure:

Che Dio ne dae la sanità e / Panevìn;
El Panevìn / la pìnsa sul larìn / i fasiòi pa’ i pòri fjòi / ’e patate pa’e femenàte;
El Panevìn / la vècia sul larìn / ’a magna i pomi còti / ’a ne assa i rosegòti!;
El Panevìn / ’e bisatèe! / che ’e panòce vègne bèe / da lontan e da vessìn / e Panevìn!;
Puenta e figadèi pa’i nostri tosatèi / e Panevìn!;
El Panevìn! / ’a massèra sua panèra / el parón sul caregón / el putìn sul so letìn / e Panevìn!.

Che Dio ci dia la salute e / Panevin (non a caso il nome del rogo è prodotto dall’unione dei termini pane e vino);
Il Panevin! / la pìnsa sul focolare / i fagioli per i poveri ragazzi / le patate per le donnacce…
Il Panevin! / la vecchia sul focolare / mangia le mele cotte / e ci lascia i torsoli!;
Il Panevin! / e anguillette! / che le pannocchie vengano belle / da lontano e da vicino / e Panevin!;
Polenta e salsicce di fegato per i nostri bambini! / e Panevin!;
Il Panevin! / la massaia a fare il pane / il padrone di casa sul seggiolone vicino al fuoco / l’infante nella sua culla / e Panevin!” .

chiudo il post con la ricetta del dolce tradizionale:

LA RICETTA DELLA PINZA

Ingredienti

· 400 gr farina di polenta gialla
· 600 gr farina 00
· 100 gr burro
· 1,6 litri latte bollente
· 150 gr zucchero
· 1 bustina di lievito
· 250 gr gherigli di noce
· 200 gr uva sultanina bagnata con rhum o marsala
· 100 gr di fichi secchi morbidi a tocchetti
· 100 gr di pinoli
· 2 mele
· semi di finocchio
· buccia di limone grattugiata (solo giallo)
· 2 uova
· 30 g. burro
· Un pizzico di sale
· 1 l. latte.

Preparazione

Mescolare bene le due farine, lo zucchero e la bustina di lievito. Sciogliere il burro nel latte bollente e aggiungerlo poco a poco sulle farine e mescolare facendo attenzione a non formare grumi. Aggiungere tutti gli altri ingredienti, mescolare e fare riposare un’ora. Ungere una pirofila o uno stampo da forno. Riempire con l’impasto, ricoprire con fettine sottili di mela e cospargere il tutto con dello zucchero. Mettere in forno preriscaldato a 180°C per 1 ora. Fare raffreddare prima di servire.“

Alla fine di questo post, che non vuole essere l’esaltazione dell’ennessima tradizione Veneta in via di estinzione a causa del consumismo , mi sbilancio in una considerazione finale di chiusura.

In questo post ho toccato vari tasti, apparentemente slegati tra loro, ma il mio obbiettivo in realtà è quello di suggerire un ritorno al senso originale della festività in questione e quindi alla rivelazione. Se potessimo osservare in modo obbiettivo il processo di stratificazione che ha trasformato le epifania greche nell’occasione di festa che celebriamo oggi potremo renderci conto di quante sono state le contaminazioni subite da questa celebrazione e di quanti popoli vi hanno contribuito per farla arrivare a noi e trasformarla in quello che è oggi. Greci, Romani, Celti, Cristiani…. e sono sicuro che l’elenco non si fermerebbe qui, andando a scavare attorno ad alcuni particolari di questa festività. Penso che se prendessimo qualsiasi altra celebrazione (Halloween, Natale, Pasqua….) vi troveremmo contaminazioni e stratificazioni simili. Questa cosa mi da da pensare a tutti quelli che festeggiano ste occasioni brindando a tradizioni che non conoscono e di cui vanno fieri, difendendole come proprie…… Veramente siete convinti che la vostra epifania sia solo cosa vostra….. Faccio questa affermazione perchè sono veramente stufo di sentire frasi del tipo: chi viene qui da altri paesi deve imparare le nostre tradizioni i nostri costumi…. come se queste tradizioni o usanze siano rimaste sempre uguali a se stesse e non abbiano subito ibridazioni con quelle di altri popoli. L’EPIFANIA non è solo appannaggio dei cristiani, dei veneti, degli italiani…..etcc. etcc… ma è una Rivelazione che si manifesta per tutti… un’occasione di illuminazione per tutti!

Non sò quale sia la vostra ma la mia, anche se vi potrà sembrare semplice e banale, è che su questo pianeta, chiamato terra, esiste un solo e unico “popolo”, che ha tante usanze, culture, costumi e tradizioni ed è formato da tutti gli esseri umani…nessuno escluso!

Buonanotte a tutti e buona fine feste!

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