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Diario d’Australia 8 – Pronti per l’Avventura!

Dove potrebbe cominciare un’escursione/incursione se non nel miglior negozio di mappe e cartine della città? Non fatevi distrarre da “Mambo Italiano” nello streetview di Google. Eccomi infatti a MapWorks, al 184 di Keilor Road (Essendon), accolto dall’anziana ed esperta proprietaria. E’ inglese fino all’osso: simpatica e con un pizzico di humour come piace a noi. “Le piace il mio negozio? Beh, piace anche a me. Un peccato che nessuno lo voglia comprare e così io e mio marito (illustratore di libri, n.d.A.) lo terremo aperto finché l’età ce lo consentirà”. Pazzesco, perché si tratta di uno dei pochi (due? tre?) posti specializzati in mappe dello Stato.

Cartografo (courtesy of 4BP).

Mappe? Perché? Il GPS va bene soltanto finché dura la batteria (e comunque vedremo che c’è GPS e GPS: alcuni migliori di altri). Inoltre, sebbene le generiche mappe stradali siano vendute ovunque (anche presso l’ufficio RACV di Greensborough), il personale solitamente non è preparato e il viaggiatore difficilmente ottiene le informazioni che desidera. Brutta storia, perché quando lo strumento è finemente dettagliato (come ad esempio una macchina fotografica) il consiglio di un professionista è fondamentale.

San Marco (courtesy of Liturgy and Music)

“Chi ha orecchie per intendere intenda” (Marco, 4:9). La vernice è vernice — sosteniamo! — e saremmo tentati di comprarla al Leroy Merlin di Olmi (grande magazzino) o in chissà quale altro discount (qui in Australia opterei per Bunning’s, che però mi ricorda tanto il Peter Banning di Hook). Tuttavia, so che se voglio ottenere un colore specifico con un effetto specifico, la soluzione migliore è recarmi all’Almacolor di San Polo di Piave. Non potrebbe essere altrimenti.
Il principio dell’expertise è universale: il consumatore non deve assolutamente essere lasciato nelle mani del Web oppure degli ingannevoli pubblicitari che pullulano nei media. Allo scopo di mantenere sano il mercato, è vitale il sostentamento di quella categoria di dettaglianti che sono sempre stati il sostegno economico, esperienziale e morale dei nostri paesi. Dovesse anche costarmi un poco di più, non c’è paragone tra la carne del mio macellaio a Macleod e quella del supermercato. Naturalmente, ci sono supermercati di qualità, ma la macelleria all’angolo spesso ha offerte interessanti e tagli di carne fresca e selezionata personalmente dal venditore il quale, se può, finisce per darti un pezzo in più anziché uno in meno. Proprio Domenica sera, il pizzaiolo di Sinner’s mi ha abbuonato $ 1.50 all’atto del pagamento. Le pizze non sono identiche ovunque!

Viaggio in Italia, di De Sade (courtesy of Libri Antichi Bergamo).

A MapWorks incontro una coppia di pensionati che pianificano un viaggio in Italia. Io vengo da qui (punto Oderzo con il dito). “Ma è meraviglioso…! Vicino a Venezia, eccetera”. Dove atterrerete? Roma (mi faccio un segno della croce virtuale, pensando all’aeroporto di Fiumicino). Poi la Toscana. Ovvio, mi dico: Inglesi, Toscana… Attenti però all’Umbria: difficoltosa via treno. “Tranquillo, affitteremo un’automobile”. Certamente (si parla del più e del meno), l’Italia non ha il problema dei grandi incendi (vorrei che conoscessero i nostri Forestali calabri). Mi chiedono: sono stato attento? Certo, ho controllato proprio stamattina. Ci pensano su. Ve lo ricordate l’incendio del Wilsons Promontory? Oddio, io no. La negoziante invece se lo ricorda: lasciarono acceso un fuoco di sbarramento e la gente se ne andò a casa perché era Pasqua; si sollevò il vento e… “Cowboy, maledetti cowboy!” Esclama l’anziano cliente. Quella parola, usata come offesa (“Bifolchi!”), mi ferisce un po’, proprio perché ho il cappello da bushranger calato sulla testa. In ogni caso, la conversazione procede spedita e torniamo a parlare di autostrade italiane con la massima disinvoltura dell’esperto (il sottoscritto).

Daywalks Around Melbourne (courtesy of Angus Robertson).

Favoloso. La padrona mi ringrazia dell’aiuto. “Di cosa?”. Acquisto prima di tutto un libretto: Daywalks Around Melbourne. La traduzione di questo titolo è per me ancora oggetto di dibattito: a priori, pare trattarsi di “passeggiate in giornata”, mentre a posteriori si rivelano vere e proprie “camminate” o “escursioni”… dalla più facile alla più impegnativa.
Segue un cospicuo numero di mappe delle zone che vorrei visitare. Mappe dettagliate. La scala ideale? Ovviamente 1:25.000, cioè qualcosa che all’RACV non avevo trovato. Da 1:20.000 a 1:35.000 i dettagli indicati sono quelli vitali per il camminatore. Molto peggio aggirarsi con con mappe regionali sottomano. Mi lamento, infatti: possiedo già un paio di mappe degli Yarra Ranges e Macedon Ranges, ma sono molto più utili come carte stradali anche se già possiedo un Atlante Stradale d’Australia.
Molto corretto, conferma la venditrice: anzi, a dire il vero, avrebbe delle cartine “speciali” messe da parte. Roba vecchia, ma affidabile. Ora non sono più in produzione, ma restano imbattute per specificità e dettaglio. Mappe statali e topografiche in tutto e per tutto. Cosa? Gratis? La ringrazio! Le teneva in serbo, dice? Certamente è stata avveduta: prima o poi qualcuno sarebbe arrivato, nevvero?

La zona verde dei Goldfields: Wombat (Nord-Ovest), Lerderderg (Sud – mia destinazione) e Macedon Ranges (Nord-Est, sulla “A”). Mappa ricavata da Google.

Lerderderg State Park (foto mia).

Saluto tutti e con molta franchezza mi dirigo alla macchina. La destinazione? Beh, nei Goldfields non c’è quell’area boscosa tra Bendigo e Ballarat (“Ballarati”, per gli immigrati italiani)? Certamente: a Nord la chiamano Wombat State Forest; a Sud lo chiamano Lerderderg Park; a Est li chiamano Macedon Ranges (Hanging Rock vi dice nulla?)… Ma si tratta sempre della stessa regione misteriosa al centro dei Goldfields. E’ piena di miniere abbandonate e piste tracciate con scarpe e sudore dai cercatori d’oro. All’epoca, non mancavano nemmeno i bushrangers (fuorilegge d’ogni schiatta).

Bacchus Marsh (courtesy of www.slv.vic.gov.au).

Eccomi perciò lungo la Princes Highway. Dopo una quarantina di chilometri abbastanza noiosi, supero una regione collinare estremamente ondulata (attraverso le gole su altissimi viadotti). Sbuco quindi in una sorta di oasi verdeggiante, chiamata Bacchus Marsh. E’ un paesone coi fiocchi, ben organizzato e costruito sul fianco ripido delle colline: i campi al centro. In queste cittadine agricole si respira (come a Monbulk, del resto) quell’aria di pionierismo mediterraneo che a me piace tanto. Personalmente, non ho mai visto un kibbutz, ma certe fattorie dei Dandenong Ranges mi suggerivano già il mese scorso l’idea di alcuni insediamenti agricoli visti a Malta: sono tutti arroccati sul fianco dei rilievi, con le case addossate l’una all’altra. Qui la situazione è identica, solo che le case sono piatte con tetti di lamiera che riflette il sole cocente e, per prevenire alluvioni e smottamenti, sono impostate a mo’ di palafitte… con una gamba più alta dell’altra, vista la pendenza su cui sono costruite.

Myrniong (courtesy of Wikipedia).

Anglosassoni. Il mio amico Giovanni diceva: “Qui, o sai oppure sei spacciato”. Invero, usava un termine più volgare di “spacciato”, ma sono certo che la prosa — in questo caso — gli renda giustizia. In questo, l’Australia è abbastanza simile all’Inghilterra. La segnaletica stradale è decisamente ridotta all’osso. Per fortuna, il libretto mi informa di una certa uscita a Myrniong. Sì, ma dove? Ah, eccola! Freccia, svolta a sinistra, ed eccomi sulle strade di campagna che si fanno sempre più anguste. In sintesi: Myrniong, Victoria; popolazione 210 abitanti (2006).

La svolta a Myrniong (foto mia).

Prendo la carrettiera per Blackwood (popolazione 235, sempre nel 2006). La guida dice: “strada stretta”. Inizio a cedere il passo ai veicoli in senso contrario. Capisco di essere in campagna nel momento in cui tutti prendono a farmi un cenno per salutarmi (talvolta con entusiasmo). Rispondo sollevando le dita della mano destra dal volante, come si usa da queste parti. Lasciata Myrniong, mi avvicino al bivio d’interesse: si tratta di salire la collina e trovare l’incrocio con la Square Bottle Track, a 8-9 km dal paesino — ovvero quando ormai la Mount Blackwood Road si addentra nel bosco e, perduto il manto asfaltato, si fa ruvida e sassosa.

Blackwood Mountain Road (foro mia).

Arrivo di volata e, poco prima della Square Bottle Track, trovo l’ingresso secondario al parco, con tanto di eidetico parcheggio (“spiazzo” è il termine corretto). Smonto di corsa fermo un Ute di passaggio (Utility Truck, ossia: “Pick-up Truck“). Chiedo al conducente (mezza età, barbetta da gran Vizir) se ci sono regole particolari per il parcheggio. “Basta non ostruire l’ingresso al parco”, mi rassicura. Poco dopo osservo infatti un ingresso pensato per i motoveicoli, ma inchiavardato e sbarrato — il solo accesso consentito ai guardaparco.

Ingresso del Lerderderg State Park (da Sud: Blackwood Mountain Rd – foto mia).

Parcheggio l’auto, tengo addosso gli scarponcini, indosso le ghette, infilo nello zaino: guida, mappa della zona, bussola, cellulare (spento, dopo aver spedito un messaggio ad Aaron contenente il mio programma di camminata), chiavi della macchina, 3 litri d’acqua, quattro barrette energetiche (la prossima volta metterò più roba, compresa carne secca e zuccheri vari), giubbotto e occhiali da vista (quelli da sole li indosso). Mi calco il cappello in testa e vado all’avventura.

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